Intervista a Parchi Pubblici: in difesa dei live act e contro l'elettronica patinata ~ Discosafari
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Parchi pubblici live elettronica

Intervista a Parchi Pubblici: in difesa dei live act e contro l’elettronica patinata

In difesa dei live-act e delle produzioni scevre di software, contro l’estetica patinata, Parchi Pubblici propone un suono che attinge dall’elettronica degli anni ’90, sempre con un denominatore comune: l’acid. Nelle sue produzioni, come nelle performance, il prodotto è un suono grezzo, nato direttamente dal mixer e, talvolta, restituito dalla registrazione su nastro, senza correzioni.

Il 10 Febbraio 2024 si esibirà live per Ziggurat al Masada, abbiamo colto l’occasione per farci quattro chiacchiere e conoscere meglio questo talentuoso artista italiano emergente.

~ Il tuo nome inizia a girare dal 2021 con i riconoscimenti all’Electronic Music Expo di Venezia e al concorso di produzione presso il Parco della Musica di Padova. Raccontaci come è nato tutto e come si sono evolute le cose in seguito.

La mia formazione arriva dal piano classico. In adolescenza mi sono avvicinato al punk e alla new wave. Suonavo il basso e mi piacevano moltissimo i sintetizzatori, che ho iniziato a collezionare. L’analogico, in quegli anni, te lo tiravano dietro con l’inserimento nel mercato del digitale e della sintesi FM. Quindi, dopo il fallimento delle band, dove ciascuno aveva le proprie esigenze, spesso inconciliabili, ho deciso di suonare da solo, coordinando i miei sintetizzatori e facendo una band con me stesso. Da lì sono iniziate le produzioni nel mio studio e ho cominciato a mandare in giro i miei pezzi. La prima pubblicazione con Yay Recordings, l’Electronic Music Expo la Link Academy di Bolo e i primi live, sono andati di pari passo. Con tante grazie a una pandemia, nel frattempo.

~ Come hai scelto il tuo nome Parchi Pubblici, e che significato ha per te?

Il parco è natura, il parco pubblico è natura umana. Se vuoi, è più fotografico che musicale, puoi partire da Bomarzo e finire al giardinetto sotto casa tua. Da qui, l’unione di due mondi completamente differenti, all’interno dello stesso concetto. Come l’elettronica, che riunisce le estrazioni più disparate. Nulla di romantico, molto di esistenziale.

~ Noi ti abbiamo conosciuto tramite gli amici The Analogue Cops, con cui condividi le radici territoriali. Che rapporto vi lega?

La stima. Il Veneto. La periferia diffusa. E anche la visione dell’elettronica, composta da un synth, una batteria e un sampler, purchè suonino bene. Ammiro il loro approccio esistenziale, con uno sguardo primario sempre all’underground, nonostante la crescita. Devo tantissimo a Domenico, come maestro di vita e di sequencer. E devo anche a loro una ricerca del suono raw. Credo abbiano creato un genere a sé, stravolgendo la techno, la house, qualsiasi genere.

~ Torniamo alla scena Veneta, come è stata negli ultimi anni e come si sta evolvendo ora dal tuo punto di vista?

La scena veneta è molto veneta. Considera che, per noi, “la sagra” è fondamentale e questo è un cardine. Credo che la solitudine piena di eventi contribuisca a creare un ottimo sottomondo di cui forse nessuno, all’esterno, è a conoscenza e che non so se e quando emergerà, ma che esiste. In questo momento, non siamo di certo ai livelli di Sound of Brenta / Basso Piave Resistenza ma, ti assicuro, ci sono molte persone che si stanno impegnando.

~ Ti esibisci con un live, ci racconti il tuo set up e il tuo stile?

Il mio approccio al live è DAWless (ndr: senza Digital Audio Workstation, quindi fare musica senza computer). Posso dire che non uso un computer e che non lancio scene in playback. Preferisco lasciare spazio a una parte di improvvisazione e, se un sintetizzatore è troppo pesante da trasportare, lo campiono direttamente in macchina, perché il suono possa mantenere comunque il suo calore originale. 

~ C’è qualche artista che ti influenza nel tuo percorso o che ti piace seguire?

Più che seguire mi piace scovare. Non mi piace ricondurmi a un suono unico, di un solo artista, perché il bello dell’elettronica è che non ha una figura portante, ma è fatto di tante persone che lavorano nei loro studi o micro-mondi, e di cui, a volte, conosciamo il nome solo da postumi, trovandolo stampato su un vinile. Se ti devo dare un nome che rispecchia la situazione che ho appena descritto, ti dico Simon Copleston aka Iteration X.

~ Cosa ti aspetta nel 2024?

Dall’estate scorsa mi sono concentrato sulla produzione, per cui quest’anno ci saranno per me uscite molto importanti, nonché varie collaborazioni. In parallelo, sto facendo ricerca per un nuovo set-up, senza tralasciare il deejaying.



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