
``Il suono oscuro di una rivoluzione tranquilla - Una storica raccolta che segna la prima volta che questa serie fondamentale ha ricevuto una ristampa completa in CD e LP .``
DISCOSAFARI PICKS:
“The Complete Obscure Records Collection” – Various Artists su Dialogo
10LP BOX SET and 10 CD BOX SET + Book. Curated by Gavin Bryars
La produzione collettiva di Obscure rappresenta una pietra miliare rivoluzionaria nella storia del minimalismo, della composizione moderna e della musica sperimentale e ha gettato gran parte delle basi per il movimento che sarebbe presto emerso, la musica Ambient.
Co-curato da Brian Eno e dai compositori Gavin Bryars e Michael Nyman, comprende le pubblicazioni dei debutti discografici di Bryars, Nyman, John Adams, Christopher Hobbs, David Toop, Max Eastley, Jan Steele, Simon Jeffes / The Penguin Café Orchestra e Harold Budd, oltre a importanti opere di John Cage, Tom Phillips e John White.
Illuminando il notevole fermento creativo, in gran parte altrimenti non documentato, all’interno delle scene britannica e americana della musica sperimentale tra la metà e la fine degli anni ’70, questa raccolta, realizzata in piena collaborazione con tutti i compositori o con i loro eredi, contiene l’intera collezione di 10 album usciti su Obscure, la maggior parte dei quali sono fuori stampa da anni.
Oltre a ciascuno degli album di Obscure, completamente rimasterizzati e ospitati in repliche fedeli delle copertine originali e delle note di copertina, la raccolta contiene un booklet di 130 pagine per CD-BOX SET e un libro di 80 pagine (dimensione LP) per LP-BOX SET, pieno di foto rare, materiale d’archivio e testi di, tra gli altri, Gavin Bryars, Bradford Bailey, David Toop, Max Eastley, Richard Bernas e Tom Recchion.
Dall’ Oscurità Verso La Luce – di Carlo Boccadoro
La Obscure Records sembra prendere vita da un groviglio di contraddizioni: essere un’etichetta musicale fondata da un uomo di pensiero (Brian Eno) che si autodefinisce “non-musicista”; pubblicare dischi dichiaratamente non commerciali e farseli distribuire dalla Island Records, storica etichetta che ha introdotto decine di gruppi rock, reggae e dub in tutto il mondo, da Bob Marley a John Martyn, dai Roxy Music agli Sparks, dai Black Uhuru ai Traffic; essere al di fuori dalle logiche dell’industria discografica e allo stesso tempo lavorarci assieme; queste contraddizioni, però, non fanno altro che accrescere il fascino di questi dieci album che continuano ancor oggi dopo decenni ad apparirci, nella cupa austerità delle loro copertine, simili al monolite presente nel film di Stanley Kubrick “2001: Odissea Nello Spazio”, vere e proprie porte aperte verso universi musicali paralleli e sconosciuti.
La Obscure è stata, nella sua esistenza di soli tre anni, la voce di un fenomeno culturale importantissimo, la scuola compositiva anglo-americana degli anni 60 e 70 ribellatasi alle Accademie che anche in Inghilterra seguivano ciecamente (o sordamente?) le avventure della scuola di Darmstadt, scegliendo invece di gettare le basi di un’avanguardia orgogliosamente alternativa ad essa, dove le suggestioni del minimalismo che provenivano da oltreoceano venivano filtrate attraverso una cartina di tornasole carica di memorie che comprendeva secoli di storia (pensiamo
alle opere di Michael Nyman e Gavin Bryars, con i loro riferimenti al mondo della musica elisabettiana di Henry Purcell e John Blow o alle variazioni sul Canone in Re Maggiore di Johann Pachelbel realizzate da Brian Eno).
Allo stesso tempo essa accoglieva al suo interno le suggestioni dell’alea di John Cage e i suoni elettronici provenienti dal mondo della sperimentazione rock, creando uno stile musicale di assoluto rigore che però (ecco un’altra apparente contraddizione) raggiungeva immediatamente una platea di ascoltatori più vasta di quella che generalmente segue la musica contemporanea classica, senza fare
il minimo compromesso stilistico ma attraverso le sonorità seducenti del “The Sinking of Titanic” di Bryars oppure le risonanze di “Decay Music” di Nyman, passando per le suggestioni pre-ambient di “Discreet Music” di Eno, l’implacabilità ritmica delle “Machine Music” di John White , introducendo al pubblico europeo pagine dell’allora totalmente sconosciuto John Adams nonché gioielli nascosti dal catalogo di John Cage.
Composizioni che talvolta si affidavano a calcoli matematici e procedimenti automatici innescati dall’autore e poi proseguivano automaticamente dando però vita a partiture tutt’altro che fredde o
prive di espressività, anzi ricche di suggestioni poetiche.
Questa era allora, e rimane ancora oggi, una musica indefinibile, inclassificabile. Sperimentazione?
Ricerca? Musica Classica? Qualsiasi tentativo di chiuderla in una casella pare destinato al fallimento perchè ad ogni ascolto la natura prismatica e multiforme di questa estetica sembra trasformarsi in qualcosa di diverso dagli ascolti precedenti.
Come definire allora il corpus artistico di questa straordinaria avventura le cui radiazioni hanno investito con discrezione decenni di musica scritta successivamente in tutta Europa e di cui tuttora si trovano le tracce nel DNA di moltissimi compositori anche delle ultime generazioni?
Forse andrebbe considerata come una rivoluzione silenziosa, senza manifesti, proclami o chissà quale chiasso mediatico, assolutamente British nella sua discrezione.
Dischi usciti quasi in sordina, sottobanco, senza alcun battage pubblicitario, che tuttavia sono passati di mano in mano trasformando con le loro idee nuove il pensiero di chiunque si trovasse a incrociare il loro percorso.
Le fresche invenzioni melodiche e la sottile ironia di Simon Jeffes con la Penguin Cafè Orchestra sarebbero state impensabili, assolutamente tabù, solo una decina di anni prima, così come i collages tra inni spirituali statunitensi e nastro magnetico dell’ American Standard di John Adams, altro compositore che ama giustapporre materiali della contemporaneità con memorie storiche, in aperta polemica con l’estetica dell’amnesia coltivata dai nipotini di Pierre Boulez.
Le briciole che la Obscure Records, come Pollicino, ha lasciato sul proprio cammino in pochi anni sono servite a un paio di generazioni di musicisti per ritrovare la strada di una ritrovata libertà espressiva e uscire dall’oscurità in cui i cascami delle avanguardie (prive ormai della spinta iniziale e chiuse in un elegantissimo castello autoreferenziale abitato da epigoni dei Maestri) avevano rinchiuso la cosiddetta Nuova Musica: esse sono state il modo per approdare verso la luce di una Musica Nuova.
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